Ragno Rosso # 3

Scena del crimine 2

di Vale AlbaDiggi

 

San Francisco

Park Presidio Boulevard – sera

Ken Ellis sfiorò l’ottone della pulsantiera dell’ascensore.

“Arricchiti di m…” pensò, facendo un paragone con la catapecchia in cui viveva. Un suono limpido accompagnò l’apertura delle porte. Il cronista guardò il corridoio in cui si era ammassata una decina di persone. Un vociare riempiva l’ambiente.

- …terrorizzata… -

- …un mostro…ucciderli… -

- …i soliti attacchi mutanti…a New York mio cugino… - 

Ken superò rapidamente la folla, ignorando chi gli chiedeva se fosse della polizia. Subito dopo imboccò l’unica porta aperta. L’ampio salone era completamente privo di illuminazione, fatta eccezione per la luce che filtrava dalla grande finestra a specchio sfondata. A terra, illuminato da quel chiarore etereo, giaceva il Ragno Rosso, con il costume strappato in più punti e la testa reclinata all’indietro. Il giornalista valutò lo scenario poetico, mentre puntava la macchina fotografica sull’obiettivo. Un paio di scatti, poi si avvicinò di più e fece per afferrare la maschera.

“È fatta!” pensò. Un attimo dopo si ritrovò a terra, una mano teneva la sua testa contro il pavimento.

“Grazie senso di ragno.” pensò Ben Reilly, cercando di schiarirsi la mente. Era stato veloce, molto veloce persino per lui e solo ora risentiva dello sforzo.

- Rrrrreeeelllyyyy! – ringhiò Ellis, quando l’eroe lo aveva lasciato.

- Senti amico, so che sei stato a casa di quell’agente, Ben Reilly… - fece, il Ragno Rosso.

- Oh, sta zitto! Sei ridicolo! -

- Ti do un consiglio da amico: lascia perdere questa storia, o finirai male! –

Il senso di ragno pizzicò, segnalando un gruppo numeroso di persone armate in arrivo, probabilmente la SWAT.

- Che hai intenzione di fare? Uccidermi? – chiese il giornalista, in risposta alla minaccia.

Un attimo dopo Ellis si ritrovò la faccia ricoperta di ragnatela. Quando la tela a impatto ebbe ricoperto per intero il suo volto, Ben ne strappò una porzione in corrispondenza del naso perché respirasse. La SWAT irruppe nella stanza poco dopo.

- A terra, vigilante! – gridò qualcuno.

- Chi è quel tizio? -

- Che importa? Sparagli! Sparagli! -

- NESSUNO SI AZZARDI A SPARARE! – gridò Robert O’hara, facendosi spazio fra gli SWAT.

- Signore, ha un ostaggio… –

- Giù il fucile, Reynolds. – intimò il suo superiore.

- Ehi, grazie tante, John Wayne. – fece Ben, che moriva dalla voglia di dirlo a O’hara da una vita.

- Ragazzo, che sta succedendo qui? – ribatté l’altro.

- C’è stato un po’ di chiasso, però… -

- Ti sto dando la possibilità di spiegarti, ma posso dire ai ragazzi di sparare. -

- Un tizio con dei poteri elettrici; ci siamo scontrati. La situazione mi è sfuggita di mano. -

- È lui? – chiese O’hara, indicando Ellis.

- No, lui è uno sciacallo che cerca di sgraffignare qualcosa nel casino generale. Non vale la pena di arrestarlo, gli darò una strigliata io. -

- Aspetta… -

Ben saltò via dalla finestra, afferrando Ellis. Improvvisamente il senso di ragno pizzicò, e il Ragno si ritrovò a volteggiare fra i proiettili. Lo sceriffo Higan si era appostato con i suoi ragazzi migliori sul tetto e ora voleva la sua preda. L’agente Reilly lo conosceva di fama, quel tizio si credeva uno sceriffo del Far West, e sinceramente non capiva come fosse arrivato a quella carica. Volteggiando, riuscì a schivare tutti i colpi dei tiratori, ma un proiettile raggiunse il braccio di Ellis, ferendolo di striscio. Avvertendo il sussulto del corpo del cronista, Ben planò su un altro tetto distante.

- Bastardo! – gridò Ellis, quando il Rosso gli ebbe liberato il la bocca. – Ahhh! Ti ucciderò, Reilly…ti strapperò il… -

- E piantala, idiota! Sto cercando di medicarti… -

Il giornalista gridò e arrivò quasi a piangere dal dolore, ma lo nascose al suo nemico, che intanto si affannava a creare una fasciatura con la sua tela.

- Pensi che la tua ragnatela possa curarmi, idiota? -

- Ti porterò in ospedale. Cerca di stare zitto, sto pensando… -

Quella notte, il bombastico Uomo Sacchetto riapparve a San Francisco, portando in salvo il cronista del San Francisco Herald. Era vergognoso, ma era l’unico modo che aveva Ben per sviare la polizia; non poteva far capire che Ellis e lo sciacallo catturato dal Ragno Rosso erano la stessa persona, o avrebbero interrogato il giornalista. Se poi il ferito avesse parlato…beh, non c’era rimedio a questo. Comunque, dopo aver visto quel costume, Ellis affrontò la degenza con molta più soddisfazione.

 

Abitazione di Ben Reilly – alcuni minuti dopo

Il Rosso planò con decisione nella finestra della sua camera. Il letto matrimoniale era vuoto, ancora sfatto dalla sera precedente. A Ben non servì il suo senso di ragno per trovare Helen, sapeva che si rifugiava ogni notte in bagno a piangere.

Reilly si avvicinò alla porta della toilette, ascoltando i singhiozzi ininterrotti e maledisse quegli abietti che l’avevano violentata per l’ennesima volta, e maledisse anche la sua impotenza.

- B…Ben? – chiese Helen, riprendendo fiato.

- Si, amore. Sono tornato. – rispose lui, premendo un tasto della segreteria telefonica.

- Ben? Ci sei? Ben, sono Janine…è…per nostro figlio David…i dottori dicono che la sua malattia sta peggiorando…ho dovuto chiamare io la TriCorp per sapere che MIO figlio è sempre più vicino alla morte…Dio, Ben…non so che fare…non dovevo chiamarti… -

Il Rosso ascoltò a occhi chiusi; le ferite riportate nella battaglia bruciavano meno del dolore che gli si dibatteva nelle viscere. Tutto gli piombò addosso, Helen, la malattia di David, l’incontro/scontro con Ellis…così, fra le lacrime, un insistente pizzicore alla nuca si fece sentire.

“Helen!” capì subito Ben, che cercò di aprire la porta del bagno, trovandola chiusa.

- HELEN! – gridò, scardinandola con facilità.

- Scusami… - fece lei, posando il flacone di sonniferi, ancora intatto, per fortuna. Ben la guardò, allibito, terrorizzato.

- Helen…dimmi che il mio senso di ragno si è sbagliato…dimmi che volevi prendere solo una pasticca o due…non chiedermi scusa! -

- Ti farebbe sentire meglio? -

- …io…non so cosa fare, Helen… -

- Cosa farebbero due persone normali, Ben? Ci hai pensato, o sei troppo occupato a svolazzare sulla città e a corteggiare le tue ex per accorgerti che sto male? -

- Non può andare a finire così, Helen. Sono giorni che mi ripeto questa frase, credo sia questo che farebbe una persona normale…vorrei ritrovare quei bastardi, ma sono scomparsi…Helen, te l’ho già detto, non so cosa devo fare; sento che è tutto sulle mie spalle, ma io non sono mai stato un uomo, sono solo la copia…non sono mai stato nessuno… -

- Neanche io. Neanche io sono mai esistita, Ben. -

- Dobbiamo affrontarlo insieme. Helen… -

- Non c’è la faccio. Perdonami… -

Helen riprese la sua espressione apatica che teneva da giorni e andò a sdraiarsi sul letto. Ben osservò le forme di quel corpo splendido, cercando di ignorare la stretta che sentiva nel cuore. Dormì sul divano, imponendosi di non pensare, di morire un po’. 

 

Abitazione di Ben Reilly – La mattina dopo

Janine Godbe non rispose alle chiamate di Reilly, probabilmente dopo avergli lasciato quel messaggio si era pentita e non intendeva ripetere il suo errore. Helen si chiuse in uno dei suoi atteggiamenti di rifiuto, e così Ben rimase solo, incapace di risolvere i suoi problemi e obbligato a recarsi al lavoro. La centrale, caotica e snervante come sempre, non era il luogo più adatto dove restare, in quello stato d’animo, perciò iniziò il suo giro di ronda leggermente in anticipo.  Per tutto la mattinata, cercò di ignorare la sua stessa esistenza, pattugliando le strade in moto e cercando di non pensare.

“Non posso continuare così.” Comprese, dopo aver percorso qualche chilometro “Devo fare qualcosa.”

 

San Francisco (luogo imprecisato) – contemporaneamente

L’uomo cadde pesantemente a terra. Qualche scintilla gli percorse il corpo, poi si esaurirono; il tizio fu percorso da un brivido che si trasformò in un conato. Dalla sua bocca uscì del sangue che si riversò ai piedi di un altro bieco individuo.

- Franklin, va tutto bene…respira, su, con calma… - fece questi. Lentamente, l’altro si riprese e senza rialzarsi, sgattaiolò in un angolo buio della stanza.

- Bene, Franklin; ti ho preparato un nuovo composto, un mix dei tuoi lavori precedenti. -

- N…nnnnooooo… - mugugnò Franklin nell’ombra -…Mark…io ti prego…non fare… -

- Cosa? Cosa, inutile sgorbio? Ricorda quello che sei, ciò che vuoi distruggere! Ricorda quegli sguardi, quegli occhi. Io ti ho trovato, ti ho dato la possibilità di fare ciò che volevi! -

- Io…voleva…io voleva…solo morire… -

- Tutto a suo tempo, Franklin. – concluse Mark – Hai di nuovo problemi con il linguaggio? Concentrati. Il nuovo siero è più potente, devi concentrarti. Pensa ai loro occhi. – gli iniettò qualcosa aggiungendo:

- Quando avrà smesso di bruciare, sai dove andare. –

-…non smette mai… -

Mark uscì dalla stanza, facendo finta di non sentire. Non era questo che interessava agli alti vertici, il siero funzionava, e presto ne avrebbero avuto dell’altro. Molto altro.

 

Sede del CSI - La mattina dopo

Negli ospedali, nei laboratori e in qualunque luogo ci fossero apparecchiature scientifiche, Ben Reilly non si era mai sentito a suo agio, gli ricordavano il laboratorio dello Sciacallo, il luogo della sua “nascita”. Ora, questa cosa stava cambiando in lui; il CSI, pur ricordandogli quel luogo orrendo, rappresentava la sua occasione per dimostrare a se stesso che poteva ancora aiutare qualcuno. Era convinto che ci fosse una connessione fra la ragazza mutante uccisa e il tipo con i poteri elettrici con cui si era scontrato.

“Avevano gli stessi poteri, pressappoco; e il nostro uomo elettrico ha manifestato un certo odio per i mutanti…”

Certo, avere informazioni dai CSI non sarebbe stato facile, ma doveva partire da qualcosa. Avanzando nella sede della scientifica, riconobbe il tenente Shirley Lennon, che aveva incontrato sulla scena del crimine. La seguì a distanza, cercando le parole giuste per iniziare il discorso, ma fu lei a notarlo, in uno specchio a parete.

- Agente Reilly? – fece, voltandosi.

- Oh, salve tenente. Passavo di qui… -

- Durante l’orario di servizio… -

- Ehm, si…vede…ho preso a cuore il caso di quella ragazza… -

- Questo si chiama atteggiamento sospetto, Reilly… -

Ben rimase di sasso; ecco, si era cacciato nell’ennesimo guaio.

- …ma io conosco quello sguardo. -

- Che vuol dire? -

- Lei è un uomo che cerca giustizia, Reilly; vuole risollevare la sorte degli altri perché questo le permette di superare i suoi problemi. Deve aver sofferto molto, in passato, e ha superato la cosa caricandosi di responsabilità altrui. -

- È…è così… -

- Si trattava di una persona cara? –

- Mio zio…avevamo lo stesso nome…ma a volte, raccontando questa storia, non la sento neanche più mia. -

- Aiutare gli altri ci fa sentire in grado di giocare con il destino, ci dimostra che tutto può cambiare se lo vogliamo. Io non posso comunque dirle nulla, agente. Almeno, non in via ufficiale. -

- E ufficiosamente? -

- Ufficiosamente, mi viene spontaneo chiederle cosa ricorda della scena del crimine. -

- Era un salone abbastanza piccolo, arredato… -

- La vittima. –

- Pallidissima, morta dissanguata, no? -

- Vero. Ora metta in relazione i due ricordi, la scena del crimine e la vittima. C’è qualcosa di particolare? -

- …uh…forse…non c’erano tracce di sangue… -

- Esatto. Un essere umano ha in sé circa sette litri di sangue. Nell’organismo di quella ragazza sarà rimasto un decilitro disperso in tutto il corpo. -

- È…è singolare… -

- Ma non unico. Ci sono stati altri due casi prima di questi, ma non li avevamo ricondotti alla persecuzione dei mutanti, erano lavori puliti. Quello che ha ucciso quella ragazza non è un professionista. -

- Senta tenente…ha presente quell’emergenza di ieri notte…il Ragno Rosso eccetera? Secondo me c’è una connessione, insomma, Frisco è sempre stata tranquilla, da questo punto di vista e ora improvvisamente… -

- Stiamo seguendo anche questa pista, ma penso che non ci porterà a nulla. Noi sappiamo già chi è il colpevole. -

- Scusi? – fece Ben, sgranando gli occhi.

- Sappiamo chi è il colpevole, c’erano impronte digitali dappertutto, a causa della colluttazione. Ma ottenere quel nome è stato inutile. -

- Perché? -

- Perché si tratta di una persona scomparsa da anni. Franklin Ganaver, orfano, è passato dal brefotrofio al manicomio. Purtroppo non sappiamo altro su di lui, la documentazione è andata perduta. -

 

Cieli di San Francisco– contemporaneamente

Franklin volteggiò in alto, cercando di sfuggire al dolore bruciante che aveva nella mente. Il suo corpo stava cambiando, il suo sangue mutava ogni secondo in forme diverse. Gridò, emise raggi ottici, completamente fuori controllo.

- Vi ucciderò! Maledetti mutanti…flagello divino…demoni! -

 

Sede del CSI – poco dopo

- E questo è il laboratorio per l’analisi del DNA, Reilly. – concluse la Lennon.

- Mi scusi, tenente…ma i vostri apparecchi per il PCR non mi sembrano adatti per l’analisi di mutageni e plasmidi artificiali. Avrete dei problemi con i paraumani e anche con qualche tipo di gene X, il genoma continua a copiarsi nell’apparecchio in milioni di versioni diverse, imprecise… -

- Ehm, ci stiamo aggiornando…abbiamo ordinato dei nuovi macchinari. – rispose Shirley aggiungendo - Lei parla come un esperto, agente Reilly… -

Ben ragionava in fretta, in materia di genetica. Lo Sciacallo, quando aveva programmato la mente di Ben, non aveva trascurato le conoscenze universitarie, erano rimaste impresse più che se il clone le avesse apprese in anni di studio; esse, unite alle nozioni che aveva acquisito negli anni con Steward Trainer e al brillante estro dei Parker, facevano di lui un capace genetista, se non uno dei più geniali.

- Ho letto dei libri. – rispose Ben, maledicendosi per quell’idiozia.

- Non è solo questo. Ha una mente dinamica, pronta al ragionamento. -

- Tenente! – fece qualcuno distante – Hanno avvistato Franklin Ganaver, verso il centro… -

- Avvistato? -

- Vola sulla città, tenente. -

- Raduno i miei. Vediamo di arrivare prima di quei pistoleri dello sceriffo. Agente Reilly…Reilly? -

Ben era scomparso. Si era fiondato fuori dalla finestra, appena sentita la notizia, raggiungendo il tetto. Là, rapidamente, indossò il casco integrale che usava in servizio e si sfilò la divisa.

- Ok…devo trovare un modo per portarmi il costume in servizio. -

 

Cieli di San Francisco – qualche minuto dopo

Franklin planò con decisione, mirando verso un’abitazione. I raggi ottici distrussero una finestra e parte del muro. All’interno, un uomo si riparò dai detriti con le mani, mentre l’altro entrava dall’apertura.

 

Cieli di San Francisco – contemporaneamente

Ben planò appeso ad una tela organica, atterrando su un palazzo affianco per riprendere fiato.

“Ok…” pensò, pronto a darsi lo slancio, ma il senso di ragno pizzicò. Con un salto, evitò un uomo che gli era saltato addosso; in un attimo si preparò a contrattaccare, poi riconobbe la figura.

- Wolverine! – fece da sotto il casco.

- Conosco il tuo odore…assomiglia a quello dell’Uomo Ragno… - disse Logan – ma decisamente non sei lui. -

- Sono il Ragno Rosso. -

- Questo spiega tutto. -

- Lascia perdere, Logan. – disse Emma Frost, avvicinandosi assieme a Colosso – Da quello che leggo nella sua mente la storia è più complicata di quello che immagini. Ti basti sapere che possiamo fidarci di lui. -

- Ehi! Stai alla larga dalla mia testa! -

- Quello là, è una nostra priorità. – disse Peter, indicando la finestra semidistrutta.

- Scusate, ma non rimarrò a discutere su chi se ne deve occupare… - disse il Rosso, lanciando una tela. 

 

All’interno della casa - contemporaneamente

- Non…non ti opporre! – gridò Franklin. Per un attimo l’altro sparì, per riapparire subito dopo.

- Che diamine… - si chiese sorpreso.

- I tuoi poteri…sono bloccati, teleporta! Ora muor… - qualcuno colpì violentemente Franklin alla schiena.

- Forse è sleale, ma il maleducato sei tu a darmi le spalle. – fece Ben.

- Un altro…mutante… - fece l’avversario, sparando due raggi dagli occhi.

Il Ragno saltò, evitando il colpo – Ehi, hai cambiato poteri? Dove sono finite tutte quelle scintille? –

L’altro continuò ad attaccare, mentre il ragno umano saltava da una parte all’altra della stanza.

- Franklin, giusto? Ascolta, devi fermarti. Perché vuoi uccidere quest’uomo? –

- Tu non sai niente…io…sofferto molto… - per la prima volta, Ben vide le iridi di Franklin. Gialle, simili a quelle di un gatto, terrorizzate.

- Anche tu…anche tu sei un mutante… -

- Taci! – l’avversario lo colpì con un raggio, facendolo rimbalzare contro una parete. Il ragno umano non riusciva a muoversi, anche se il senso di ragno gli urlava di farlo. Fu allora che, mentre Franklin avanzava, Wolverine gli saltò addosso colpendolo in volto. Ben cercò inutilmente di sparare delle tele, poi, nel tentativo di riprendersi, sferrò un colpo guidato solo dal suo sesto senso. Il colpo andò a segno e Logan fece il resto, piegandosi all’indietro e colpendo l’avversario con un doppio calcio.

- Arrrrhhh… - ringhiò l’aggressore, colpito, mentre Ben si tirava in piedi.

- Niente male, per la brutta copia di quello svitato del Ragno. – commentò Wolverine.

- Ehi, voi! – gridò il teleporta al Rosso, rimasto in disparte – Bella mossa! Diamocela a gambe…-

Un’esplosione coprì la voce del mutante, che scomparve dietro alcune macerie. Franklin era di nuovo in piedi.

- Prendi il ragazzo, io… - disse Logan, ma dovette scansare un colpo.

“Accidenti!” pensò Ben, intravedendo il corpo steso a terra del teleporta.

“È vivo, ma devo portarlo subito fuori di qui.” Capì, sentendogli il polso. Lo prese in braccio velocemente, poi il suo senso di ragno pizzicò. Con un salto evitò i raggi ottici dell’avversario, che rimaneva fermo davanti alla finestra.

- Perché fai questo, Franklin? Per quello che ne sai, sono un tuo simile! -

- Mark…lui mi ha liberato…reso prigioniero, schiavo…io…lui chiede… -

“È completamente fuori di testa…non sa neanche perché mi attacca!”

- …io…odio i…mutanti…odio…gli occhi… - gridava Franklin, continuando a tenere chiuso il passaggio verso l’esterno. Poi accadde qualcosa: Emma Frost si fece vedere fra il fumo e impose una mano verso l’avversario.

- Porta via quell’uomo! Questo tizio ha in sé qualcosa che contrasta la mia telepatia! -

Con una spallata, Ben sfondò la porta, uscendo nell’androne delle scale.

Emma non riusciva più a tenere a bada il suo nemico, che a quanto pare stava cercando di bloccare i suoi poteri come con il teleporta. In un attimo, Logan afferrò la compagna e trascinò fuori, saltando dalla finestra. Franklin sparò un raggio nel tentativo di fermarli, ma colpì un tubo del gas.

Il senso di ragno del Rosso impazzì. Un secondo dopo, Ben sentì parte del muro penetrargli nella spalla. Cercando di proteggere il ferito e di non perdere conoscenza, si fece largo nel fumo. Il casco che indossava si era ormai frantumato quasi del tutto, così lo gettò per respirare meglio; dopo qualche secondo, riuscì a distinguere il suono di molte sirene proveniente dall’uscita. Si precipitò fuori, accecato dal fumo. Posò a terra il teleporta, in direzione di alcune voci, poi qualcuno gli infilò una maschera d’ossigeno.

- Ottimo lavoro, Reilly. – disse una voce femminile.

- T…tenente… -

- Non si affatichi a parlare, inspiri profondamente. -

- Io…io… -

- Lei con la moto ci ha messo molto meno di noi. Complimenti, deve essere un centauro eccezionale. -

- Quell’uomo…quello che ho salvato…è un testimone, una potenziale vittima… - il senso di ragno pizzicò con veemenza.

- Stia tranquillo, Reilly. Penseremo noi a… -

– Tenente… - il pizzicore gli indicava come potenziale pericolo un uomo che si nascondeva in un vicolo. - …deve fermare una persona per accertamenti…quell’uomo all’angolo… -

- Mi serve una giustificazione…un’accusa… -

- Sta scappando! – gridò Ben, levandosi la maschera d’ossigeno e correndo dietro a quell’uomo.

Rapidamente, imboccò il vicolo e lo raggiunse, cercando di non andare troppo veloce per non svelare la sua identità. L’altro non demordeva, così il ragno umano lo placcò con un salto.

- Ok, bello. Dimmi tutto quello che sai… -

- Non puoi aggredirmi così…sei…sei un poliziotto? -

Ben lo prese per il collo, stringendo leggermente.

-…non…puoi… -

- Come ti chiami? -

- …m…Mark… -

- Bene, Mark, ora dimmi, che c’entri con questa storia dei mutanti? -

- Reilly! Lo lasci! – gridò la Lennon a pochi passi. Ben obbedì, abbandonare il ruolo del poliziotto cattivo gli faceva molto piacere.

- È pazzo! Voleva uccidermi! – fece Mark, rialzandosi.

- Fila bello. Oggi mi sento di buon umore. – ribatté il tenente Lennon.

Quando il tizio se ne fu andato, Shirley non resistette più.

- Mi ero sbagliata sul suo conto. La credevo più intelligente. -

- Senta, quell’uomo è coinvolto! L’ho…l’ho visto… -

- Lo provi! È così che funziona questo sistema giudiziario! Se vuole fare giustizia, deve avere delle prove, non può giocare all’eroe. È questo che pensate di essere, voi di pattuglia? Eroi? Beh, è gente come lei che mi rende difficile il lavoro! -

- Mi ascolti…io…mi dispiace. Ho vissuto a lungo in strada e ho imparato che…ho disimparato alcune cose. È un lato di me che si mostra di rado e che sto cercando di correggere. –

- Lottiamo tutti contro qualcosa del genere. È umano. Non è un buon periodo per lei questo, vero? -

- No. Proprio no. Comunque, ecco la sua prova. – concluse Ben, lanciandogli uno strumento composto da una fiala di vetro, un piccolo apparecchio e un tubicino con un ago.

- Era agganciata alla cintura di “Mark”. -

- Questo è… -

- Furto? No, gli è caduto quando l’ho placcato. -

 

Ospedale su Geary Boulevard – pomeriggio

I dottori avevano fatto aspettare Ellis per più di due ore, la sera prima.

“Domani, articolo sulla mala sanità.” Aveva pensate Ken, mentre gli cucivano i punti. Ora, con la sua ferita di striscio completamente richiusa e il suo orgoglio ancora ferito, aspettava nella sua stanza un malcapitato su cui sfogare la sua rabbia. Sperava in un infermiere, ma il destino scelse di meglio.

- Jessica! -

- Ciao Ken. Come stai? -

- Bene, ma non certo grazie a te! -

- Che intendi? -

- È stato Ben! -

- Ben…Ben Reilly? -

- Certo! Grazie per avergli detto della mia ricerca sul Ragno Rosso! -

- Ancora con questa storia! Anche Ben mi ha chiamato l’altro giorno per dirmi qualcosa di simile! Ma di che cavolo parlate? -

- Scusa? -

- Quale ricerca sul Ragno Rosso? -

- Non…non ti ricordi? -

- Proprio no! -

“Come me! Non è possibile…forse mente!”

- Allora? -

“Se sta mentendo…devo scoprirlo! Devo farla tradire, cambiare discorso.”

- Niente…è che…mi servivano alcuni ragguagli da Ben…e siamo incappati in una sparatoria… -

- Volevo ben dire! Non ce lo vedevo nei panni del tuo aggressore. Pensa che è l’eroe di Frisco! -

- Cosa? -

- Il tenente Lennon del CSI ha rilasciato una dichiarazione, sembra che Ben abbia portato in salvo una potenziale vittima. -

- La Lennon? Oh, cavolo…quella non parla mai con la stampa! -

- In questa occasione le è sembrato il caso: “Meriterebbe una promozione.” Queste sono state le sue parole a proposito dell’agente Reilly. Povero Ben, so che le cose non gli vanno proprio bene, almeno avrà una piccola soddisfazione. -

- Fantastico. – concluse Ken.

Nelle ore successive gli sembrò che la ferita bruciasse molto di più.

 

Bar “Honey” sulla 16th – sera

Ben entrò nel bar, rendendosi conto di essere in ritardo. Dopo aver ascoltato la dichiarazione della Lennon era corso sul tetto, sperando di trovare ancora gli X-Men, ma erano spariti. Le sue preoccupazioni non erano finite, infatti fu costretto a tornare al CSI di nascosto e prendere la sua moto dal parcheggio. L’aveva poi portata via  passando per i tetti per non farsi vedere dalla vigilanza.

“Non è stato semplice, ma era necessario. Se la Lennon si fosse accorta che la moto era rimasta nel parcheggio, avrebbe cominciato a fare domande.”

- Ehi eroe! -

Reilly rimase interdetto per un attimo, poi riconobbe il collega Steve Harris al biliardo.

– Ciao Steve! Ehm…questa storia dell’eroe, chiudiamola qui, per favore. –

Harris per risposta afferrò il bicchiere al lato del tavolo e alzandolo gridò – Un brindisi all’eroe di Frisco! –

Tutti i clienti, per lo più poliziotti, risposero e si levò un coro di voci e di risate generali.

- Grande. – rispose Ben, laconico.

- Santo cielo, Ben! È stata una giornata fantastica per te! Che diamine hai? Helen… -

- Steve, non è solo Helen. È…è tutto. Tutta la mia vita mi sembra impossibile! -

- Beh, dai, nelle ultime ore la cosa si è ribaltata! -

- Si, certo…ma perché scusa? Pensi che un elogio cambierà le cose? Mio figlio David…Dio! Mi basta pensare a quella creatura che non ho nemmeno mai visto, che…poi Helen, certo. -

- Non guardare il bicchiere mezzo vuoto, Ben. -

- Non lo faccio, Steve. Davvero…è solo che…non ho più voglia di essere forte. Non ce la faccio e non voglio. -

- Non devi. Per affrontare la vita con i suoi problemi non c’è alcun bisogno di essere forti. Dobbiamo essere noi stessi, questo basta, perché, anche se non ci sembra, i problemi che ci si presentano sono sempre alla nostra portata. -

- Leggi meno biglietti di cioccolatini, Steve. –

- E dai, Ben! Non capita tutti i giorni di ricevere i complimenti da una del CSI come la Lennon. Al distretto si è sparsa la voce, persino O’Hara è rimasto sorpreso quando la Lennon è venuta oggi pomeriggio nel suo ufficio. -

- Cosa? -

- Conserverai questo sarcasmo, quando lavorerai al CSI? -

- Cosa hai detto, Steve? -

- Al distretto non si parla d’altro! Non dirmi che…ah ah ah! Non lo sai! Willis, che era di turno ha ascoltato la conversazione: hanno parlato della possibilità della promozione e del trasferimento di un agente il cui cognome finisce in “…eilly” -

Ben boccheggiò per qualche secondo.

- Ti avverto: non ti libererai di me diventando ispettore. – fece Steve.

- no…io…non…Stai scherzando, vero Steve? -

- Mi fai rabbia. No che non sto scherzando! Sai da quant’è che ho in aspettativa la domanda per entrare nel CSI, Ben? Ho persino preso il certificato di identificazione legale all’università. -Comincio ad odiarti, arrivi tu e in quattro e quattr’otto… -

- Non odiavi i CSI? -

- Non puoi criticarmi per un po’ di invidia. -

Il potenziale ispettore Reilly non spiccicò una parola per il resto della sera.

“Devo parlare con la Lennon per…per…” pensava “…cavolo! Quella donna è inarrestabile!”

 

Abitazione di Ben Reilly – poco dopo

Helen guardava impassibile quelle foto sparse sul tavolo e quei volti che le erano rimasti impressi nella mente. L’impiegata della “Drew & McCabe investigation” gliele aveva lasciate nel pomeriggio, e da allora non pensava ad altro.

Quando la chiave di Ben si infilò nella toppa, la bionda fece sparire le foto rapidamente.

- Amore…Io…mi dispiace per l’altra notte. Come…come stai? - fece Reilly.

-Sto bene, Ben. – incontrando baciandolo su una guancia, cercando di renderlo credibile.

 

Fine parte 2

 

Nel prossimo numero si concluderanno ben due saghe: Scena del crimine e Blood (non seguite X-Men? Male per voi!). Ragno Rosso si intreccia con X-Men: alleati contro una minaccia davvero imprevista...che non è Franklin. Inoltre, gli sviluppi della carriera di Ben Reilly.

Se vi interessano le origini di Franklin, non perdete X-Men 18 e 19, sono entrambe del vostro amato Vale "AlbaDiggi".